Premetto: mi sono deliberatamente presa la licenza di
scrivere un post un po’ lunghetto essendo il mio primo intervento diretto sul
blog. In secondo luogo volevo illustrare agli istruttori che mi hanno seguito
nel corso di alpinismo appena concluso che sto mettendo a frutto gli
insegnamenti ricevuti.
La voglia di stare insieme e condividere emozioni forti è
stata la molla che mesi fa ha fatto propendere me, Anna e Marta, compagne di
università e molto care amiche, a trascorrere due giorni in alta quota. Così,
Anna, istruttrice di alpinismo a Milano e molto legata affettivamente al
rifugio Casati, ha guidato con grande pazienza me, fresca di un corso di alpinismo
appena concluso e Marta genovese al suo primo contatto con l’alta montagna,
verso la dolce vetta del Cevedale. Partiti da Milano martedì mattina, giungiamo
al rifugio Forni in Santa Caterina Valfurva dove, lasciata la macchina,
imbocchiamo un sentiero pianeggiante che in un’ora e mezza ci conduce al
rifugio Pizzini. Attorno a noi si apre la verdeggiante Val di Cedec delimitata
da una catena di montagne che svettano nel cielo limpido. Spiccano per imponenza
il maestoso quanto infido Gran Zebrù ed il ghiacciaio dei Forni che nel suo
candido manto riflette tutta la luminosità della giornata.
Dal Pizzini si può
già scorgere il rifugio Casati, eccolo là, lo indichiamo con un dito guardando
in alto: è un piccolo parallelepipedo che si staglia sul profilo della montagna
davanti a noi. La pendenza si fa maggiore, il sentiero roccioso e piano piano,
pur immersi nell’incantevole vallata circostante, la vegetazione scompare
lasciando spazio a rocce, ciottoli e piccoli residui di neve che richiedono
qualche sforzo per essere superati. Dopo circa due ore si arriva al Casati,
siamo a quota 3269 mt. L’aria è fresca e quasi tagliente, lo spettacolo è inappagabile:
una distesa, simile a un deserto di neve fresca, bianca ed incontaminata.
Tra le dune di neve modellate dal vento, spiccano lievi ed impalpabili le tracce lasciate dagli alpinisti che ci hanno preceduto. Dopo una fresca birretta incontriamo Giuseppe, sua figlia Elena ed Elisa che avrebbero condiviso con noi l’ascesa del giorno seguente.
Il “gruppo Cevedale” ora è al completo: si chiacchiera, si ripassano i nodi da ghiacciaio, si provano i ramponi, si attende l’ora della cena e si ammira il tramonto.
Il giorno dopo ci si sveglia poco prima dell’alba: ci
prepariamo, la nostra giornata sarà piena di emozioni e viste dalla bellezza
incontenibile. Ammiriamo l’alba che si ravvisa piano piano emergere dalla
catena montuosa a Est: i raggi del sole nascente si fanno sempre più caldi e conferiscono
al cielo ed alla neve una gradazione di colori vivi.
Sotto la protezione di un
cielo blu, iniziamo così i primi passi affondando le punte dei ramponi su una
neve ghiacciata al punto giusto che per effetto del sole appare costellata da
infiniti brillantini. Si procede così lentamente, legati a tre in due cordate.
Dopo un tratto pianeggiante, la pendenza inizia a farsi sentire, la montagna ci
richiede un grande sforzo, un atto di fede e di volontà. Il passo si fa più
lento e più cauto, attorno a noi il deserto di neve ci regala emozioni
inspiegabili, siamo noi, soli in mezzo a tanta bellezza.
Il Casati ormai è un
puntino lontano, davanti a noi si erge la ripida parete di neve che ci condurrà
alla vetta, la consistenza del ghiaccio è in nostro favore, ci chiede solo di
essere solcato nel punto in cui altre cordate ci hanno preceduto.
Varchiamo un
piccolo crepaccio, saliamo con l’aiuto della piccozza e dopo tre ore, eccoci in
cresta a pochi metri dalla vetta.
Il vento si fa forte, i raggi del sole scaldano
il viso con tutto il loro calore, percorriamo una ventina di metri in cresta,
attorno a noi una vista a 360 gradi di montagne innevate: siamo alla loro
altezza.
Il cuore inizia a sorridere e piangere, siamo arrivati in vetta.
Tocchiamo così quella croce che, alta ed imponente nel punto più alto della
montagna, ci ricorda che c’è una Vetta ancora più elevata di quella appena
raggiunta e che possiamo solo raggiungere con il cuore.
Siamo felici ed
emozionati, tra di noi c’è chi ha raggiunto la sua prima vetta e chi, per
l’avanzare dell’età, ha deciso di dare il suo “addio ai monti” proprio oggi su
questa cima.
Grazie a tutti i miei compagni.
Cristina
Ottimo lavoro Cri!
RispondiEliminasempre più in alto!
Complimentoni CRI ! E per la salita e per il meraviglioso racconto intenso di dettagli che non mi facevano togliere gli occhi dalla tua avventura e dalle foto bellissime! Sei l'addetta ai prossimi post cara la nostra editrice!
RispondiEliminaBrava Cristina. Hai la stoffa dell' alpinista, della scrittrice e della fotografa. Complimenti.
RispondiEliminaP.S. Spero che per il tuo accompagnatore non sia l'ultima cima. Ognuno ha il suo Everesta; non importa il dislivello e la quota.
Non sono un alpinista come Te Cri....ma l 'entusiasmo con cui hai descritto questa esperienza la rende palpabile ed emozionante....la strada e giusta...vai Cri....
RispondiEliminaUNA SPLENDIDA GIORNATA
RispondiEliminaSTRAVIZIATA, STRAVISSUTA SENZA TREGUA
....
SEMPRE CON IL CUORE IN GOLA FINO A SERA
CHE FINO A SERA NON ARRIVERA'...
UNA SPLENDIDA GIORNATA
CHE COMINCIA SEMPRE CON UN'ALBA TIMIDA
.....
QUANTE SENSAZIONI O QUALI EMOZIONI VUOI
POI ALLA FINE TI TRAVOLGERA...
...sono parole di una canzone, e finito di leggere il tuo racconto mi è venuta di canticchiarla! E' perfetta! E come dice Marco, che non so chi è, condivido dicendo....la strada è giusta,vai Cri!
I miei Complimenti a te e a tutti i soci di questa avventura al Cevedale!
Sonia
Siamo continuamente alla ricerca di "qualcosa" che ci faccia capire cos'è quella cosa meravigliosa che è la VITA!
EliminaIo l'ho trovata tra i monti... ma sempre con quei puntini colorati che mi hanno e mi accompagnano sempre... ovunque... Respira, sempre, amore, sempre, gratitudine, sempre...
Buona vita Cri!